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DON CAMILLO - EDIZIONE DOPPIO DVD

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Brescello, Bassa emiliana, giugno 1946. Negli ultimi giorni del Regno d'Italia don Camillo, parroco impulsivo ed esuberante che non rinuncia a immischiarsi in faccende politiche, rimane molto contrariato per la vittoria alle elezioni amministrative locali di Giuseppe Bottazzi, detto Peppone, capo della sezione locale del PCI, nonché suo vecchio amico, sebbene i litigi tra i due siano all'ordine del giorno. Mentre Peppone tiene un comizio don Camillo suona le campane della chiesa per intralciare la manifestazione. I comunisti allora sembra vogliano assaltare la Chiesa, ma in realtà vanno ad acclamare Peppone, che dal balcone della sua casa mostra il suo ultimo figlio appena nato. Anche il neonato è fonte di un ennesimo bisticcio tra i due: Peppone lo vuole chiamare Libero Antonio Lenin, ma don Camillo non ne vuole sapere; alla fine i due si accordano, sbrigando la faccenda a modo loro, per Libero Antonio Camillo Lenin.

La rivalità tra i due prosegue: don Camillo incendia una casa di campagna diroccata, dove aveva scoperto che Peppone nascondeva un'ingente quantità di armi da guerra da usare per la rivoluzione proletaria, e si impossessa di un fucile mitragliatore MAB 38. Peppone proclama nei suoi comizi il progetto della costruzione di una casa del popolo; don Camillo, non comprendendo dove il sindaco possa trovare i fondi, lo accusa di essersi appropriato di dieci milioni di lire che egli aveva dichiarato sequestrate dai fascisti durante la seconda guerra mondiale. Il sindaco allora presenta al Parroco un attestato, in cui dichiara di adoperare il denaro ancora in suo possesso per la costruzione della casa del popolo, ma don Camillo lo costringe, minacciandolo con il mitra, a fare costruire anche una città giardino per i bambini del paese e così a Peppone non rimane che arrendersi.

Montano intanto le proteste dei disoccupati. Peppone e la giunta comunale, a corto di fondi, stabiliscono di tassare i terreni dei possidenti a 1.000 lire alla biolca: Filotti, il maggior possidente della zona, si oppone e i comunisti reagiscono con uno sciopero. Lo sciopero delle maestranze agricole, che si rifiutano di coltivare i campi e di mungere le vacche dei possidenti a rischio di provocarne la morte, che saranno salvate in segreto da don Camillo e Peppone, si incrocia con la vicenda di Gina Filotti e Mariolino Della Bruciata, due giovani innamorati che non possono sposarsi perché non riescono a ottenere il consenso delle famiglie, tra cui scorre rivalità politica: il padre di Mariolino è un collaboratore di Peppone, mentre il nonno di Gina è un fidato amico di don Camillo.

Lo sciopero finisce, ma giungono in paese, ormai in ritardo, alcuni comunisti dalla città che Peppone aveva chiamato come rinforzi. Si fermano comunque a Brescello, ma commettono la leggerezza di prendere in giro don Camillo. Egli, indispettito, gli scaraventa addosso un tavolo: ne segue una scazzottata epica e don Camillo ne manda quindici all'ospedale, guadagnandosi l'ammonizione del vescovo, avvertito da Peppone della bravata del parroco.

I Filotti e i Della Bruciata dovrebbero venire riconciliati dalla signora Cristina, vecchia maestra del paese, cui i due giovani chiedono di tentare una mediazione. Quando però la signora muore all'età di 85 anni in seguito a una caduta dopo poco, l'opportunità sfuma. L'anziana maestra, fervente monarchica, aveva fatto promettere a Peppone di usare la bandiera reale durante il suo funerale e, malgrado l'opposizione dei suoi collaboratori, Peppone rispetta le ultime volontà della defunta. I Filotti e i Della Bruciata vietano dunque il matrimonio a Mariolino e Gina, che vengono fermati da Peppone e don Camillo mentre tentano di suicidarsi, buttandosi nel Po. Il parroco promette ai due che verranno sposati dal vescovo, in visita al paese per l'inaugurazione della casa del popolo e della città giardino.

Peppone simpatizza subito con il vescovo accompagnandolo in paese: il prelato assiste all'inaugurazione della casa del popolo prima di celebrare il matrimonio tra i due, deludendo don Camillo. La sera delle nozze tra Mariolino e Gina, don Camillo partecipa a una rissa tra i proprietari terrieri e gli uomini di Peppone: il vescovo, che lo aveva già ammonito per la precedente rissa con i comunisti di città, lo invia a Montenara, un paesino di montagna.

Il giorno della partenza don Camillo rimane deluso dal fatto che nessun parrocchiano si sia presentato per un saluto, per timore delle rappresaglie minacciate da Peppone. Partito in solitudine trova però i compaesani ad attenderlo alla prima fermata, con un coro e con così tanti doni che il sacerdote a fatica riesce a caricarli sul treno. Commosso, rimane ancora più sorpreso nel trovare alla stazione seguente Peppone e i suoi, accompagnati dalla banda comunale che lo accoglie suonando L'Internazionale. Tra cordialità e minacce i due si salutano, con l'augurio reciproco di rivedersi presto. Per suggellare l'evento, don Camillo libera due colombi regalati dai parrocchiani.

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