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DUMBO
DUMBO
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Florida, 1941. Una notte d'inverno, gli animali di un circo ricevono i loro cuccioli da delle cicogne. L'unica a non riceverlo è la signora Jumbo, un’elefantessa: la cicogna preposta alla sua spedizione lo recapita soltanto il giorno dopo, quando il treno del circo è in viaggio verso la prossima tappa del tour. L'elefantino, che viene chiamato Jumbo Jr., viene inizialmente ammirato e adorato dalle altre elefantesse; ma quando la matriarca gli solletica affettuosamente la proboscide, l'elefantino starnutisce all'indietro così forte che le sue due orecchie si gonfiano, divenendo più grandi. Da quel momento, le elefantesse iniziano a deridere il povero e sfortunato cucciolo, chiamandolo "Dumbo" con intento derisorio.
Una volta che il circo viene aperto al pubblico, Dumbo diviene il bersaglio degli scherzi di un gruppo di ragazzini, sempre per la dimensione eccessiva delle sue orecchie. La signora Jumbo, nel tentativo di difendere il suo piccolo, si scaglia prima sul gruppo e poi sul personale del circo, scatenando il panico. Di conseguenza, lo staff la rinchiude in una gabbia. Così, Dumbo rimane solo e viene emarginato dalle altre elefantesse, che lo calunniano e poi lo ignorano. Solo Timoteo, il topo del circo, si dimostra compassionevole e così inizia a stringere amicizia con il piccolo elefante, ma solo quando si sarà divertito a terrorizzare le elefantesse con la sua sola presenza per il loro comportamento subdolo e crudele nei confronti di Dumbo.
Una notte, Timoteo ha un'idea per migliorare la figura di Dumbo: entra nel letto del direttore del circo, facendosi passare per la voce della sua coscienza durante la notte mentre l'uomo dorme e gli suggerisce di inserire Dumbo nello spettacolo nel numero degli elefanti. Il direttore del circo fa di Dumbo la cima di una piramide di elefanti. Ma sfortunatamente, durante l'esibizione (eseguita oltretutto senza prove fatte in precedenza), Dumbo finisce involontariamente per inciampare nelle orecchie, facendo precipitare le elefantesse e il tendone stesso. Di conseguenza, a Dumbo viene relegato il ruolo di pagliaccio dal direttore, in uno spettacolo in particolare che lo vede deriso e umiliato, venendo fatto cadere dalla cima di un edificio in fiamme in una vasca piena di crema per torte mentre i clown, vestiti da vigili del fuoco, danno vita ad uno spettacolo farsesco.
Dopo lo spettacolo, Timoteo porta Dumbo a trovare la madre nella prigione, dove finalmente il piccolo elefante può riabbracciarla per breve tempo. Più tardi, sulla via del ritorno, l’elefantino si ferma con Timoteo a bere da un secchio dove, a loro insaputa, alcuni pagliacci per sbaglio hanno fatto cadere una bottiglia di champagne. I due si ubriacano e cominciano a vedere grandi elefanti rosa che prima si materializzano dalle bolle di champagne emanate dalla proboscide di Dumbo e poi iniziano ad assumere le forme più bizzarre, mettendosi a cantare una canzone da rabbrividire.
Il mattino seguente, Dumbo e Timoteo si svegliano su un albero, venendo poi notati da un gruppo di corvi. Timoteo ipotizza che Dumbo li abbia portati entrambi lassù usando le sue grandi orecchie come ali. I due vengono derisi dai corvi, ma il topo racconta loro la triste storia dell'elefantino: gli uccelli commossi, donano a Timoteo una "piuma magica" con cui Dumbo riesce finalmente a volare.
Tornati al circo, Dumbo e Timoteo devono ripetere il numero, questa volta buttandosi da una piattaforma molto più alta. Nonostante la perdita della piuma, in realtà un pretesto per incoraggiarlo, l'elefantino riesce a librarsi intorno al tendone, sbalordendo tutti i presenti e rivalendosi terrorizzando e umiliando pubblicamente tutti quelli della compagnia circense che lo prendevano in giro e lo maltrattavano. La performance porta il piccolo elefante alle vette del successo, con Timoteo che diventa il suo nuovo manager e impresario. Alla fine, a Dumbo e sua madre viene destinato un vagone privato sul treno del circo, riguadagnando anche il rispetto delle altre elefantesse e con i suoi amici corvi che lo salutano in lontananza augurandogli buona fortuna.
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