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LA VITA E' BELLA

LA VITA E' BELLA

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Italia, 1939. Guido Orefice è un allegro e giocoso giovane italiano di religione ebraica; trasferitosi dalla campagna toscana, si reca ad Arezzo con l'amico Ferruccio. Durante il tragitto, prima viene scambiato per il re Vittorio Emanuele III e poi incontra Dora, una giovane maestra elementare, a cui subito dà il soprannome di "principessa", innamorandosene. Arrivato in città, viene ospitato da suo zio Eliseo, maître del Grand Hotel, dove Guido inizia a lavorare come cameriere. Quello stesso giorno Guido, che vorrebbe aprire una libreria, si reca in municipio per presentare tale richiesta ed ha un litigio con Rodolfo, arrogante burocrate fascista, in seguito al quale entrambi si danno il soprannome di "scemo delle uova", perché Guido appoggia alcune uova nel cappello di Rodolfo, che gli si rompono sulla testa quando lo indossa.

Un giorno Guido incontra nuovamente Dora e scopre che è fidanzata con Rodolfo. All'hotel, il protagonista fa anche amicizia con il dottor Lessing, un medico tedesco appassionato, come lui, di indovinelli. Saputo che un ispettore scolastico ospite dell'hotel è convocato il giorno dopo nella scuola elementare dove insegna Dora per tenere una lezione antropologica, Guido trova uno stratagemma per sostituirsi a costui pur di incontrare l'amata. Il vero ispettore arriva quando la lezione ha già ridicolizzato l'obiettivo iniziale e Guido ha raggiunto il suo scopo, fuggendo poi da una finestra. Il protagonista quindi chiede a Dora i suoi piani per la domenica e lei gli dice che si recherà a teatro a vedere un'opera di Offenbach.

Quando Dora si reca a teatro con Rodolfo e i suoi amici, Guido la segue e, dopo lo spettacolo, con un altro stratagemma, la porta via dal fidanzato e fanno una passeggiata insieme. Mentre la accompagna a casa sua, Guido le confessa infine il proprio amore per lei. Qualche sera dopo, proprio al Grand Hotel, Rodolfo è in procinto di festeggiare il fidanzamento ufficiale con Dora, la quale non è mai stata veramente innamorata di lui, ma costretta al connubio dalla madre: la donna quindi decide di ricambiare i sentimenti di Guido, lo bacia e gli chiede di portarla via appena possibile. Guido quindi entra nel ristorante sul cavallo bianco dello zio Eliseo, non curandosi del fatto che sul dorso dell'animale qualcuno ha scritto "Achtung cavallo ebreo" (è già incominciata infatti la discriminazione razziale), e scappa con Dora, mentre a Rodolfo cade e si rompe in testa un ennesimo uovo, stavolta un grande uovo di struzzo etiope coloniale. Guido e Dora si sposano ed hanno un figlio, Giosuè.

1944. L'Italia è nel pieno della seconda guerra mondiale e del periodo delle persecuzioni razziali contro gli ebrei. Nonostante questi eventi, la famiglia Orefice sembra vivere un periodo abbastanza felice: Guido è riuscito ad aprire la sua libreria, nonostante quasi nessuno si presenti a causa delle persecuzioni, mentre Dora continua a lavorare nella sua scuola. La felicità viene bruscamente interrotta quando, il giorno del compleanno di Giosuè, Guido, suo figlio e lo zio Eliseo vengono catturati dalle truppe nazifasciste e caricati su un treno insieme ad altri ebrei per la deportazione in un lager. Dora, giunta a casa con la madre e trovati i segni del passaggio dei soldati del regime, corre alla stazione e chiede ai militari di guardia di salire anche lei sul treno, pur non essendo ebrea, per seguire il marito e il figlio. Guido rivedrà di sfuggita la moglie soltanto in una occasione, all'arrivo al lager. Lo zio Eliseo, troppo anziano per lavorare, viene destinato poco dopo alla camera a gas e, negli spogliatoi, da autentico gentiluomo, mostra un'ultima volta il suo nobile contegno signorile aiutando una donna delle SS a rialzarsi dopo che questa è scivolata, ricevendo in cambio un'occhiataccia di odio e rimprovero.

Pur di proteggerlo dagli orrori della realtà, sin dall'inizio della tragica esperienza Guido racconta a Giosuè che stanno partecipando a un difficilissimo gioco, in cui si dovranno affrontare numerose prove per tentare di vincere, come premio finale, un carro armato vero. Quando il comandante tedesco si presenta nella baracca per spiegare il regolamento del lager, Guido si offre come interprete e traduce volutamente in modo sbagliato le sue parole, tra le perplessità degli altri prigionieri e il divertimento del piccolo. Con il passare dei giorni Giosuè entra attivamente nel vivo del "gioco", tra le cui "regole" c'è quella di rimanere nascosti nella camerata di suo padre e di altri prigionieri, in realtà per evitare che in caso di cattura sia destinato all'uccisione.

Durante una visita medica, Guido incontra nuovamente Lessing, il medico tedesco conosciuto al Grand Hotel, rientrato a Berlino cinque anni prima proprio per prendere parte alla soluzione finale nei confronti degli ebrei. Questi, ora membro del partito nazista, lo risparmia dalla camera a gas e gli offre un lavoro come cameriere ai tavoli di una cena degli ufficiali tedeschi: Guido riesce a farvi partecipare anche suo figlio per sfamarlo dignitosamente, confuso tra gli altri figli di ufficiali nel tavolo a loro riservato, illudendosi che il medico voglia mettere una buona parola per lui e per sua moglie. Grande sarà la sua delusione quando, quella stessa sera, il dottore lo chiamerà a sé soltanto per sottoporgli un assurdo indovinello del quale non riusciva a trovare la soluzione. Terminata la cena, Guido e il figlio addormentato sulle sue braccia tornano alla baracca, non prima di aver intravisto, in mezzo alla nebbia, una montagna di cadaveri di ebrei destinati al forno crematorio.

1945. Una notte, all'improvviso, con la fine della guerra e dell'occupazione nazista, i soldati tedeschi cominciano freneticamente ad abbandonare il campo di concentramento dopo aver fatto strage dei deportati rimasti. Guido, dopo aver nascosto Giosuè in un armadietto dicendogli di giocare a nascondino e di uscire solo quando non ci sarà più nessuno in zona, si traveste da donna e si mette alla ricerca di Dora. L'uomo tenta di raggiungere il camion delle detenute ma viene scoperto dalle SS: dopo aver fatto un’ultima volta l'occhiolino a Giosuè in segno di addio, viene condotto in un vicolo da un soldato tedesco e fucilato. La mattina dopo, in un campo ormai vuoto e abbandonato dai tedeschi, il bambino esce dal suo nascondiglio. Da dietro l'angolo sbuca un carro armato statunitense, che si ferma proprio davanti a Giosuè. Il bambino, convinto di aver vinto il premio finale secondo il racconto del padre, esclama: "È vero!". Il soldato americano alla guida del carro lo fa salire a bordo e insieme a lui esce fuori dal campo, dove una chilometrica fila di deportati sta camminando verso la salvezza. Giosuè, ignaro della morte del padre, può alla fine ricongiungersi alla madre e riabbracciarla, gridando felice: "Abbiamo vinto!".

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