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POPIELUSZKO

POPIELUSZKO

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La nascita della Repubblica Popolare di Polonia sancisce la fine dei movimenti di indipendenza del dopoguerra e l'instaurazione di un governo comunista. In una famiglia di contadini della Podlachia, la fede e la preghiera sono le uniche forme di resistenza personale al clima di repressione. In questa famiglia nasce Jerzy Popieluszko, fin da giovane animato da una forte vocazione religiosa e, durante gli anni del servizio militare, pronto alla dissidenza e alla ribellione pur di professare la libera espressione della sua fede. Divenuto sacerdote a Varsavia, per qualche anno Popieluszko è una delle figure minori nella sua chiesa, finché nel 1980 viene chiamato a celebrare la messa per gli operai delle fabbriche in sciopero. La sua devozione e il suo aperto appoggio alla causa operaia, lo rendono in poco tempo la figura spirituale di riferimento del sindacato autonomo di Solidarnosc e l'espressione di un'opposizione pacifista alle brutali reazioni del regime. Negli anni successivi, anche di fronte alla legge marziale, Popieluszko resta sempre al fianco dei lavoratori per ogni loro battaglia e ogni loro processo, tanto da attirare l'attenzione dei media e le violente minacce degli organi di stato.
In linea di principio, ogni martire della violenza di stato dei totalitarismi novecenteschi merita una rappresentazione che possa riecheggiare nelle coscienze e nelle memorie sia di chi di quelle violenze è stato testimone, sia di chi ne ha solo sentito parlare. Questa linea, tuttavia, si irrigidisce impercettibilmente di fronte ad un progetto cinematografico, poiché non è facile impresa realizzare un'opera che risponda sia alle esigenze delle storia che a quelle dell'arte.
Dopo il film di Agnieszka Holland Un prete da uccidere, che raccontava l'assassinio del cappellano dal punto di vista del mandante, la figura del prete di Solidarnosc trova centralità e grande forma nel biopic di Rafal Wieczynski, che cerca di rispondere ad entrambi i criteri proponendo una sontuosa ricostruzione storica molto attenta all'identità del parroco e ai rapporti fra i personaggi. Wieczynski dimostra di conoscere anche certi stilemi estetici del cinema contemporaneo, secondo cui la storia del Novecento è sempre più la storia dello sguardo dei media sul Novecento, per cui tende a sanzionare la propria veridicità storica mostrando sempre la presenza di fotografi e telecamere televisive negli eventi e dando enfasi ad una serie di passaggi dal documento alla ricostruzione senza soluzione di continuità.
Valutati gli obiettivi storici, più dubbi si formano attorno alle sue finalità artistiche. Popieluszko sembra avere più difetti che pregi del tipico biopic d'antan: la cura per i dettagli e la forza di alcune interpretazioni non sopperiscono certe ingenuità congenite da film agiografico e un'evoluzione narrativa un po' rapsodica, costruita per tappe e per parabole. Ma soprattutto, a dispetto del calligrafismo e della magniloquenza della produzione, il film pare rinunciare in partenza a cercare di trasmettere quel senso di comunità suscitato dall'oratoria di Popieluszko. Nelle due ore e mezza di racconto, Wieczynski si concentra sui rapporti con alcuni degli operai di Solidarnosc e con le loro situazioni familiari e personali, mancando poi di allargare lo sguardo, di convertire il piccolo episodio in grande racconto.
Caso anomalo per un biopicPopieluszko è come se fosse un film di grande respiro ma dal fiato corto, dove il progetto e la forma ambiscono alla grandiosità e alla visione in campo lungo, mentre il racconto si ferma all'aneddotico, al piano americano.

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